Un ricordo personale – di Giuseppe Scalella

In questo anno si sta parlando molto del santo Papa Giovanni Paolo II nel Centenario della sua nascita. Anche a me piace ricordare questo grande Padre e Maestro, che mi ha accompagnato, quasi prendendomi per mano, negli anni freschi e difficili, ma esaltanti, della mia vita sacerdotale. Quando fu eletto papa avevo appena 28 anni ed ero stato ordinato sacerdote due anni prima. Quindi, giovanissimo. Ricordo ancora quel giorno. Lo conoscevo perchè leggevo una rivista, CSEO ( Centro Studi Europa orientale), curata da un sacerdote di Forlì, che riportava le esperienze drammatiche ma bellissime, dei cristiani oltre cortina, e il suo nome lo vedevo apparire più volte, impegnato com’era a difendere, incoraggiare e accompagnare la Chiesa della sua Polonia, sotto il regime sovietico. Ricordo quando sentii il suo nome dalla loggia di san Pietro, mi precipitai di corsa a suonare le campane a festa

Mi accorsi subito della novità che ci portava, il giorno dell’inizio del suo pontificato. Ero in ritiro con un gruppetto di giovani e nel pomeriggio, prima di ripartire, ci fermammo per seguire in diretta dalla televisione la Santa Messa d’inizio di pontificato in piazza Sa. Pietro.Ricordo ancora il tono deciso, acceso e gioioso con cui pronunciò nell’omelia quelle parole memorabili:”Non abbiate paura!Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura!Cristo sa cosa c’è dentro l’uomo. Solo Lui lo sa!”

A quelle parole, rimanemmo tutti a bocca aperta e ci guardavamo stupiti e meravigliati. Nei mesi e negli anni che seguirono, tante sono state le occasioni per incontrarlo e per salutarlo di persona, ma in tutte, nonostante la fatica e i disagi per le attese e gli spostamenti, tornavo a casa diverso da come ero venuto.L’entusiasmo di essere nella Chiesa e in essa di dare la vita per Cristo, cresceva sempre di più. Posso dire che la sua testimonianza ha contribuito non poco a far crescere in me l’amore per la Chiesa, e riscoprire man mano in essa il volto di Cristo che, come una madre, ha cura dei suoi figli. Quell’amore cresceva in me perchè lo vedevo in lui, nei suoi innumerevoli viaggi apostolici, nella tenerezza infinita che aveva soprattutto per i giovani che vedeva bisognosi di vita, cioè di Cristo. Quei giovani che l’hanno amato come un padre e non l’hanno mai abbandonato, neppure la sera che ci ha lasciato. E’ per loro che inventò e diede vita alle Giornate Mondiali della Gioventù. Ne ho seguite diverse, come quella del 2000, l’indimenticabile Tor Vergata. Quando arrivò la prima Enciclica, la Redemptor Hominis, l’anno dopo la sua elezione, la prima delle 14 che ci ha lasciato nel suo lungo pontificato, ci colse tutti di sorpresa. Non ci aspettavamo quel “Cristo, centro del cosmo e della storia” che veniva come parola sicura, dopo le incertezze e gli smarrimenti del dopo Concilio. Parole chiare che facevano crescere e respirare perchè mi facevano gustare l’essenziale della fede, e mi sentivo libero.E imparavo dalla sua libertà.

Un Papa così non si riesce a dimenticare. Anche perchè quel che conta davvero nella vita è avere qualcuno da guardare e seguire e da cui imparare a guardare e ad amare tutto.

Io credo che oggi più che mai ci sia un bisogno enorme di guardare e seguire qualcuno che ci parla di Cristo con libertà, come ha fatto Papa Giovanni Paolo II, come ha fatto Papa Benedetto e come fa ora Papa Francesco.

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