Fonte : Il Manifesto del 16/4/2010 di Davide Milosa
«Noi dobbiamo dare ordini a loro, e non loro a noi». Noi sta per gli amici e loro per i politici. Per Bruno Candito il concetto è chiaro. Lui, influente boss della ‘ndrangheta di Condofuri in provincia di Reggio Calabria, ne parla di continuo. Un messaggio che il padrino tiene a sottolineare soprattutto a ridosso delle tornate elettorali. Ad esempio le comunali 2009 di Condofuri dove Candito avalla la candidatura di tale Filippo Rodà, primo fra gli eletti e un assessorato in tasca: quello dei Lavori pubblici. La storia, però, non finisce qua. Il politico della ‘ndrangheta, infatti, verrà sostenuto dal consigliere regionale uscente Pasquale Maria Tripodi, classe ’57 di Montebello Ionico. Già nelle giunte Loiero, più volte sfiorato da inchieste di mafia, Tripodi alle ultime regionali ha corso per l’Udc con il neoletto governatore del Pdl Giuseppe Scopelliti, dando linfa alla vittoria con oltre 10mila voti.
Questo racconta l’inchiesta «Parola d’onore» che ieri ha portato in carcere 26 persone. Tra loro, oltre a boss e gregari, anche l’assessore Rodà. Tutti sono accusati di associazione mafiosa. Tripodi, invece, non risulta indagato nonostante il suo nome venga più volte speso nelle intercettazioni. L’indagine nasce dal banale danneggiamento di un mezzo all’interno di un cantiere. Da qui, gli investigatori svelano gli affari della cosca Rodà-Casile egemone nel territorio tra San Lorenzo e Condofuri. Emergeranno amicizie importanti con la cosca Morabito. Ma anche episodi di affiliazione. Estorsioni talmente numerose da diventare un sistema di controllo del territorio.
Poi ecco la politica, totalmente asservita al volere della ‘ndrangheta. Capita per i beni mafiosi confiscati ma mai assegnati. Ma capita soprattutto per le comunali del 2009. All’epoca Filippo Rodà è l’uomo giusto da mettere al posto giusto. Si candida con una lista civica. E qui entra in gioco il consigliere regionale Pasquale Tripodi. «La scelta della candidatura di Rodà – scrive il gip -, sponsorizzata sia dal consigliere regionale Pasquale Tripodi sia dal medico oculista Giuseppe Zuccarelli si rivelava vincente». In particolare sarà Zuccarelli (non indagato) a fare da tramite con Tripodi. Con la vittoria in tasca, poi, Rodà chiama Zuccarelli «per comunicargli – annotano gli investigatori – che è lui il primo degli eletti. Poi aggiunge di salutargli l’onorevole Pasquale Tripodi». Ma il nome del notabile dell’Udc compare anche nell’elezione, sempre a Condofuri, di Leonardo Modaffari, cognato del capobastone locale Francesco Bruzzese. Tanto che il 22 luglio 2009 Zuccarelli chiama Modaffari. Ecco la nota del brogliaccio: «Gli dice di riferire a suo cognato (Francesco Bruzzese) che venerdì va a casa sua insieme a tale Pasquale, puntualizzando che si tratta dell’onorevole. Zuccarelli avverte di non far sapere a nessuno di questo fatto». Alla fine Modaffari verrà nominato vice-sindaco con delega al bilancio e alle finanze. Favore per favore, la ‘ndrangheta appoggerà Antonino Verduci notabile calabrese anche lui in quota Udc, candidato, nel 2006, al consiglio provinciale di Reggio Calabria.
Al termine delle 900 pagine di ordinanza compare poi un’intercettazione tra il boss Candito e Sebastiano Altomonte, legato al clan Morabito e amico di Domenico Crea, primo dei non eletti alle regionali 2005, promosso dopo l’omicidio Fortugno e oggi a processo per fatti di mafia. Alla fine del colloquio i due boss fanno inquietanti riferimenti a politici di livello regionale e nazionale che «si sono sempre serviti degli amici».