Madres Paralelas

Il film di cui voglio parlare oggi è “Madres paralelas” di Almodovar. La storia è quella di due madri. Una è Janis, affermata fotografa alle soglie dei quarant’anni, felice della scelta di essere madre, anche se single. L’altra donna è Ana ancora minorenne, non certa della scelta di portare a termine la gravidanza. Si ritrovano nella stessa stanza in attesa del parto e partoriscono lo stesso giorno. Entrambe le figlie passano alcune ore in osservazione, segnando così l’inestricabilità dei loro destini.
Non racconto tutta la trama del film. I film parlano, emozionano in modo diverso ognuno di noi. Di questo film ciò che mi ha colpito e fatto riflettere è il bisogno di dire la verità. Il padre della bambina di Janis, racconta alla moglie della sua relazione, anche se è già avviata la pratica del divorzio, perché non sentiva giusto vivere senza verità, né per sé né per la moglie. Janis racconta la verità ad Ana pur sapendo che questa avrebbe arrecato un forte dolore ad entrambe, ma senza verità non si può andare avanti, si vive nella paura. Un’altra cosa che mi ha colpito è il bisogno di un’intera comunità di recuperare i corpi dei loro parenti uccisi e sepolti in una fossa comune dai franchisti all’inizio della guerra civile in Spagna. E questo bisogno non è solo per avere una tomba sulla quale andare ma è per conoscere e far conoscere la verità, ai giovani, di cosa fu quel tempo, per non dimenticare e far memoria del passato, ma anche per far pace con il passato e con la verità spingersi verso il futuro. 

Mi è venuto automatico fare il collegamento con l’assurdità del movimento partito in America della “Cancel culture” o “cultura dell’annullamento”. Tale movimento inizialmente si limitava a ostracizzare un personaggio pubblico o un’azienda, colpevoli di aver adottato un comportamento offensivo o politicamente scorretto. Dopo l’uccisione di George Floyd ha cambiato  l’obiettivo iniziando a  cancellare ed eliminare le tracce di un passato caratterizzato da valori e ideali completamente diversi da quelli attuali e ha indotto alla rimozione ed all’abbattimento di statue o monumenti di rilevanza storica, alla cancellazione di opere, alla loro modifica o alla loro rimozione dai cataloghi. E questo concetto di “cancel culture” si sta applicando ora a quello che è stata la pandemia. C’è il tentativo di cancellare quello che abbiamo passato, di rimuoverlo, di negarlo. Ma cancellare il passato, che sia collettivo o personale, non ci fa migliori, non ci dà la possibilità di andare avanti anzi. E’ necessario rileggere la storia nel suo contesto, comprendere la cultura di un’epoca con le sue speranze e le sue contraddizioni per poter pervenire in modo privilegiato alla conoscenza ed alla consapevolezza del percorso della civiltà umana in ogni suo singolo aspetto. E questo vale anche a livello personale. Il mio passato è pieno di errori, cadute, di cose che non rifarei, viste con la consapevolezza che ho oggi. Ma la consapevolezza di oggi mi è data da un cammino, da un incontro fatto che non censura nulla di me, che mi ha aiutato a guardare con tenerezza tutte le mie debolezze e a perdonarmi e ad accettare di essere perdonata. Ma se avessi tentato di cancellare il mio passato, fatto finta che non ci fosse stato, ora sarei solo una persona smarrita senza punti di riferimento.

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