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Il colpo grosso dei clan al nord. La pista dei Bingo

Articolo di Davide Milosa da “Il Manifesto” del 20/5/2009
«Tutte le cose partono da Milano». Gli investigatori annotano l’intercettazione e poi dimenticano. Fino a quando, facendosi largo in un grande risiko societario, arrivano in via Mozart 15, a Milano. A un centinaio di metri c’è piazza Duomo. E così, gli uomini della Guardia di finanza di Napoli capiscono quello che finora nessuno aveva dimostrato: la camorra dei Casalesi si è accomodata sotto la Madonnina e nel salotto buono della capitale morale d’Italia ha iniziato a macinare affari.
Come? Investendo nelle sale Bingo cinque milioni di euro in un anno. Chi? Renato Grasso, 44enne imprenditore napoletano, oggi latitante per mafia, tanto intraprendente da non subire il potere dei clan, ma utilizzarlo e diventarne organico.
Le scommesse sono da sempre la sua vita. Scrivono i magistrati: «Sin dagli albori delle inchieste sul gioco, emerge la figura di Renato Grasso, lungimirante nel comprendere le possibilità di guadagno di questo mercato e nell’associarsi con gruppi criminali». Grasso fa affari con tutti i clan di camorra, anche se i rapporti privilegiati sono con la famiglia di Mario Iovine, detto Rififi.
Casalesi, dunque. Quelli dei superlatitanti Michele Zagaria e Antonio Iovine. Quelli che quando escono da Casal di Principe indossano il doppiopetto e diventano invisibili. E così buona parte del denaro della camorra dai conti di Renato Grasso rifluisce in un castello societario costituito da dieci imprese, che acquistano sale Bingo. Riassumendo: a Milano la camorra compra e ripulisce il denaro.
Chi lo fa? Non il boss latitante, ma il milanesissimo Marco Carravieri, imprenditore di 29 anni. Non un prestanome, ma un fiduciario incaricato di acquistare rami d’azienda e intestarli a teste di legno. Ma sempre con l’accortezza di ricondurre tutto alla famiglia Grasso, in particolare a Tullio, uno dei fratelli del boss-imprenditore.
Carravieri lavora in sinergia con il napoletano Salvatore Vendemini. Loro, scrivono i magistrati, «sono un duo che opera come un solo soggetto collegato a Grasso, reale dominus delle attività economiche», mentre «le società sono strutturate in quote riconducibili alle stesse persone». Ecco l’elenco: Las Vegas, Febe, Dea Bendata, Cuneo Bingo, Mecenate Bingo, Las Vegas Restaurant, Aob di Marco Carravieri, Best Games, Carravieri & Associati e Milan Slot, tutte con sede a Milano.
Negli assetti d’impresa ricorrono sempre gli stessi sette nomi, tra questi anche la madre di Carravieri, Filomena Autieri. Gente che non ha redditi oppure dichiara stipendi da impiegata di call center come nel caso dell’Autieri. Di nuovo i magistrati: «Emerge come un complesso societario di tal fatta, sembra non poggiare su solide fondamenta».
La prima conferma arriva dalle analisi della compagine societaria. Inizialmente a una singola Srl corrisponde la gestione di una sala Bingo: capita con la Dea Bendata titolare di quella in viale Zara, con la Febe che opera a Cernusco sul Naviglio, mentre in un primo momento la Las Vegas srl ha in gestione quella di Cologno Monzese. Successivamente, però, la stessa Las Vegas ingloberà la Febe e la Dea Bendata gestendo praticamente tutte le sale. E chi è il proprietario? Il 90% delle quote della Las Vegas, la cui sede si trova proprio in via Mozart 15, è di Tullio Grasso, mentre il restante 10% è di Marco Carravieri.
Il coinvolgimento della camorra attraverso Renato Grasso, detto o’ Presidente, viene confermato da alcune decisive intercettazioni. Esemplificativo il caso di Cologno Monzese. Inizialmente la sala Bingo era della Colpo Grosso srl, ramo d’azienda prima fallito e poi acquistato proprio da Carravieri che all’asta sborsa 345.000 euro. Soldi suoi? Evidentemente no, visto che Vendemini «conferma al telefono che Grasso gli aveva promesso i soldi per l’operazione Cologno». In totale Grasso tirerà fuori 600.000 euro. «Lui – scrivono i magistrati – è il reale finanziatore, grazie alla solidità economica costruita con le sue attività illecite».
Lo stesso discorso vale per le sale Bingo di Cernusco, di viale Zara e di Brescia il cui investimento totale sfiora i quattro milioni e mezzo di euro.
A questo punto, l’intercettazione iniziale assume un significato preciso. I Casalesi attraverso Grasso, che a sua volta utilizza il duo Carravieri-Vendemini, definito dai pm «una vera associazione criminale», sono riusciti a riciclare, tra il 2006 e il 2007, oltre cinque milioni di euro.

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