Vivere la quaresima

di M. Guerini – Milano 

da Pagine cattoliche periodico di formazione cristiana a cura degli Agostiniani di Viterbo 

Dura quaranta giorni la Quaresima. Un pugno di giornate nate apposta per fare esplodere la mancanza, l’assenza. E l’assenza non la risolvi con nessuna equazione. Una presenza, tra l’altro, non sempre ti racconta la verità: l’assenza, invece, non riesce a mentirti. Vale con le persone, ancora prima che con la materia: «Quello che ci manca ci attira. Nessuno ama la luce come il cieco» scriveva V. Hugo. Con Cristo la natura non muta d’aspetto. Da anni, di Lui, mi fanno impazzire due cose: la sua presenza e la sua assenza. 

La logica della mancanza è: “Ti tolgo, t’invito a toglierti, il superfluo per farti gustare il necessario”. Per chi crede è operazione di ascesi, per chi non crede è prevenzione al contagio del male: per entrambi è gesto d’alta cura. La mancanza, infatti, assomiglia alla notte: amplifica i rumori, i pensieri, l’assenza di chi e cosa ci manca. E’ come uno di quei megafoni che esalta la voce, fino alla stordimento. 

Quanta assenza abbiamo vissuto e viviamo ancora con questo Covid? Per chi, però, è una ricchezza e non invece una maledizione? 

“In questi giorni la mia casa sta diventando una galera” mi ha scritto un amico costretto alla quarantena. “Prima no?” gli rispondo. “Non ci avevo mai fatto caso” ribatte. “Mai fatto caso” è ammissione implicita di distrazione: c’era tutto, ma non te ne sei accorto. Non è mica una colpa punibile con la carcerazione. È che l’assenza dice molto di più della presenza: «Regala la tua assenza a chi non da valore alla tua presenza» diceva Oscar Wilde. Augurio solo in apparenza disgustoso. È tutt’altro. 

Cristo, da parte sua, visse da gigante: la sua presenza quasi mai si notò, la sua assenza si ode ovunque. Anche oggi è così: la sua presenza non si nota proprio; è la sua assenza a far problema. La Quaresima, dunque, è la versione cristiana della quarantena medicinale: un obbligo di dimora interiore per avvertire sulla pelle quanto ti manca chi è necessario sia presente per vivere. “Giuro che non mangerò insaccati tutta la Quaresima” ha fatto voto qualcuno. Altri rinunciano al tirami-sù, alla birra, al burro, alla cioccolata. Qualcuno si autoinfligge acrobazie disumane: niente soldi, benzina, affetti. Pare sia tutto tempo perso: «E’ forse questo il digiuno che voglio?» confida Dio al profeta Isaia. Gradito è tutt’altro: “Gradirà il Signore le migliaia di montoni e torrenti di olio a miriadi? Gli offrirò forse il mio primogenito per la mia colpa, il frutto delle mie viscere per il mio peccato? Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio”. (cfr Michea 6, 7-8). 

Dunque? Dei prosciutti, formaggi, bistecche a Dio non importa granché. E’ convinto, il nostro Dio, che al mondo non esista una felicità più ammirevole di quella che nasce dal sacrificio. L’anno scorso, la Quaresima per tanti è iniziata in lockdown: niente chiesa e niente Messa. Anche quest’anno, però, non è poi tanto diver-so. Che Dio si sia accorto che ci siamo abituati a Lui? Si aspetta, forse, d’essere desiderato di più, un po’ meglio. Facendo così non correrà il rischio che qualcu-no, nel frattempo, si abitui alla sua assenza? 

Abituarsi all’assenza? Per un innamorato è proprio impossibile. 

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