Riporto un articolo di Giovanni Bianconi apparso in data odierna. In termini di accoglienza l’Italia è ovviamente all’ultimo posto sia in numeri assoluti sia calcolando l’incidenza ogni mille abitanti.
Infatti prendendo i dati riportati nell’articolo si può ricostruire la seguente tabellina
RICHIEDENTI ASILO INCIDENZA OGNI 1000 ABITANTI
– Italia: 47.000 0,81
– Svezia: 77.000 8,54
– Paesi Bassi: 77.000 4,73
– Francia: 160.000 2,64
– Inghilterra: 292.000 4,90
– Germania: 582.000 7,05
Fonte: Il Corriere della Sera del 3 settembre 2009 di Giovanni Bianconi
Presentando il suo «programma di reinsediamento » dei rifugiati provenienti da quello che un tempo si chiamava Terzo Mondo, il commissario europeo alla Giustizia Jacques Barrot ha auspicato ieri «fermezza contro l’immigrazione irregolare e umanità nell’accogliere i perseguitati». Parlava di «modello» da applicare in Europa, il commissario, e quindi anche in Italia, frontiera sud del continente ricco. Che giustamente chiede all’Unione di farsi carico di questa realtà, come farebbe e fa qualunque regione di confine col governo centrale di un unico Stato. Ma tanto più l’Italia potrà far valere le sue ragioni in tema di fermezza, quanto più mostrerà di avere le carte in regola sull’altra questione sollevata da Barrot: l’umanità, che poi è (o dovrebbe essere) l’altra faccia di una sola medaglia.
Tradotto in termini giuridici e pratici, questo significa garantire protezione e diritto d’asilo a chi fugge non solo dalla fame e dalla povertà, ma da guerre, persecuzioni e «trattamenti inumani e degradanti ». Un aspetto particolare della «questione immigrazione», sul quale c’è invece di che essere preoccupati. Perché al di là delle parole e dei buoni propositi, cifre e fatti mostrano che le cose non vanno come dovrebbero. Anche a causa delle più recenti scelte del governo. A cominciare dai cosiddetti «respingimenti in mare».
E’ ovvio che le informazioni fin troppo sommarie — richieste da un’imbarcazione all’altra o durante brevi trasbordi, a volte senza nemmeno un interprete — non sono le stesse che si possono raccogliere e verificare durante un «blocco a terra», coi tempi e i modi sufficienti a svolgere l’istruttoria necessaria. E’ dunque molto probabile, se non certo, che vengano ricacciati indietro anche migranti che avevano diritto d’asilo, o comunque a qualche forma di protezione, ma non sono stati messi in condizione di dimostrarlo.
C’è poi il principio «superiore » che vieta di rispedire le persone in Paesi dove rischiano non solo la vita, ma anche violazioni dei più elementari diritti umani. Per essere sicuri che ciò non avvenga l’Italia dovrebbe avere ad esempio garanzie dalla Libia — nazione da cui non partono libici, ma cittadini di tutto il continente africano e non solo, compresi Paesi in guerra o con persecuzioni in atto — che nei loro centri di raccolta sia tutto in regola. Invece arrivano notizie quantomeno scarse, e l’Alto commissariato dell’Onu sostiene di non poter controllare ciò che avviene laggiù.
I dati del 2008 raccontano che il 75% di coloro che sono giunti in Italia via mare ha fatto richiesta d’asilo. E le apposite commissioni, seguendo rigide procedure, hanno accolto la metà delle domande. Da questi numeri s’intuisce che molti altri avrebbero potuto presentarle, ma non ci sono riusciti perché non sono approdati, morti durante il tragitto o respinti in mare. Altre cifre dicono che coi suoi 47.000 rifugiati censiti lo scorso anno, l’Italia è molto dietro a Germania (582.000), Gran Bretagna (292.000), Francia (160.000), e perfino Paesi Bassi e Svezia (77.000 ciascuno); e a fine luglio il Comitato per la prevenzione dei trattamenti inumani e degradanti del Consiglio d’Europa ha svolto un’ispezione di cui s’attendono i risultati. Fermezza e umanità devono andare di pari passo, altrimenti i conti non tornano. Nemmeno per chiedere aiuto e sostegno all’Europa.