Fonte: Il Fatto Quotidiano del 3/4/2010 di Gianni Barbacetto e Davide Milosa
C’è anche odore di ’Ndrangheta negli affari di Massimo Ponzoni, assessore di Roberto Formigoni e signore delle preferenze in Lombardia. Appena chiuse le urne, è stato raggiunto da un avviso di garanzia per bancarotta fraudolenta per il crac di una sua azienda, l’immobiliare Pellicano: quanto basta a rovinargli la festa per l’ottimo risultato elettorale appena ottenuto, con un record personale di oltre 11 mila preferenze. Ma non c’è solo l’indagine per bancarotta. Secondo quando risulta al Fatto Quotidiano, Ponzoni ha suscitato l’attenzione degli investigatori anche per i suoi rapporti con alcuni referenti del potente clan degli Iamonte-Moscato, calabresi di Melito Porto Salvo, da vent’anni impiantati al Nord, nella zona di Desio.
Proprio Desio e la Brianza sono anche il territorio dove Ponzoni fa politica fin da quando aveva 18 anni e fonda uno dei primi club di Forza Italia. Subito eletto in consiglio comunale, a 27 anni passa, con oltre 8 mila preferenze, al consiglio regionale. Nel 2006 Formigoni lo fa assessore alla protezione civile. Nel 2008 all’ambiente. Delega delicata. Da cui dipendono le bonifiche delle aree inquinate. Quelle finite sotto indagine dopo l’arresto dell’imprenditore Giuseppe Grossi. Ma anche quelle a cui erano interessati i boss del clan Iamonte-Moscato. Un loro uomo, il calabrese Fortunato Stellittano, con precedenti per associazione mafiosa, viene arrestato nell’agosto 2008 nell’ambito dell’inchiesta “Star Wars” con l’accusa di traffico illegale di rifiuti speciali e tossici. Veleni come piombo, cromo e idrocarburi pesanti che l’uomo dei clan sversava e ricopriva in alcune cave della Brianza: a Seregno, a Briosco, a Desio. Ancora Desio, dove Stellittano aveva comprato un terreno, in via Molinara. A venderglielo, il figlio di Domenico Cannarozzo, “capo dell’omonima famiglia legata al clan gelese di Salvatore Iaculano”, dice un report dei carabinieri.
Acquirente e venditore parlano tra loro, intercettati. Discutono anche dei loro “agganci politici”. L’area di via Molinara viene infatti sequestrata dalla Polizia provinciale il 21 marzo 2008. Il giorno dopo, Cannarozzo esprime tutta la sua preoccupazione: “Hanno sequestrato il terreno e adesso vogliono fare la bonifica”. Stellittano lo tranquillizza: “Adesso noi la bonifica, per quello che abbiamo buttato, da martedì iniziamo a farla”. Come fa ad esser così sicuro? “Martedì vado a trovare Massimo e mi faccio fare lo svincolo, che è l’assessore all’ambiente, ed è a posto. Poi, se vogliono che bonifichiamo anche sotto, ancora meglio”. Le cose non andranno come previsto, perché Stellittano, che era latitante, viene arrestato il 15 agosto. Ma sul nastro magnetico resta registrato quel nome, “Massimo”.
Chi è? “Si tratta dell’assessore Massimo Ponzoni”, conferma una fonte qualificata di ambienti investigativi. I tabulati registrano contatti tra Stellittano e il cellulare di Ponzoni. I due non solo si telefonavano, ma s’incontravano regolarmente. Nell’interrogatorio di garanzia davanti al gip di Monza Stellittano ha raccontato di alcuni incontri con l’assessore Massimo Ponzoni in un bar di Desio. Annotano inoltre gli investigatori : “In seguito alle telefonate con Domenico Cannarozzo, Fortunato Stellittano ha più volte tentato di contattare un personaggio di rilievo a livello regionale”. Dopodiché l’uomo della cosca Iamonte-Moscato “interloquisce con tale Ronny, quale tramite con persone influenti con altro ente territoriale”. Durante questa intercettazione, Stellittano fa vari nomi (tutti coperti da omissis) “tra cui un tale Moreno, potente professionista di Milano, dimessosi dalla segreteria di un uomo politico che ha ricoperto cariche istituzionali a livello nazionale”. Così ora Ponzoni ha un ostacolo in più sulla strada della riconferma come assessore. All’accusa di bancarotta per la Pellicano aveva risposto dicendo: “Sono cose vecchie”. Eppure anche quella vicenda non è priva di rilievo, perché coinvolge un altro assessore regionale, Massimo Buscemi, un ex assessore molto vicino a Formigoni, Giorgio Pozzi, e l’ex assessore provinciale di Pavia Rosanna Gariboldi, moglie del parlamentare Pdl Giancarlo Abelli (appena eletto anche consigliere regionale, con aspirazioni a ottenere un assessorato). Gariboldi ha appena patteggiato una pena di 2 anni per riciclaggio, dopo essere stata arrestata per lo scandalo delle bonifiche di Giuseppe Grossi. E i rapporti con Grossi fanno capolino anche nel crac della Pellicano. Nell’immobiliare, Ponzoni aveva come soci Buscemi, Pozzi e Gariboldi.
Nel luglio 2009 i tre escono. Nel gennaio 2010, il fallimento. Dalle casse della società scompaiono 200 mila euro. Accusato di averli fatti sparire, emettendo fatture false, è Ponzoni, aiutato dalla sua ex moglie, dal cognato Argentino Cocozza e dal commercialista Sergio Pennati. C’era una banca pronta (prima che arrivassero i magistrati) a salvare la Pellicano dal fallimento: il Credito bergamasco. Istituto che aveva nel consiglio d’amministrazione Giuseppe Grossi, il “re delle bonifiche” che, beneficato da Ponzoni nella gestione dell’area Sisas di Pioltello, aveva più d’un debito di gratitudine con l’assessore regionale all’ambiente.