Oggi è un giorno importante perchè si ufficializza l’inizio della produzione del nuovo modello Panda a Pomigliano, frutto anche delle battaglie condotte nei mesi scorsi dalle lavoratrici e dai lavoratori. Pomigliano dunque non chiude e resta un centro produttivo. Eppure non è certo un giorno di festa per il mondo del lavoro e per la democrazia: sempre oggi, infatti, si celebra la fine del Contratto collettivo nazionale e la fine della rappresentanza sindacale. Il modello contrattuale di Pomigliano, quello che comprime i diritti e pone il più grande sindacato metalmeccanico (Fiom) fuori dalle fabbriche, da ieri è stato esteso a tutti gli stabilimenti del gruppo Fiat e farà scuola anche dal punto di vista generale, cercando di essere imposto erga omnes a tutto il mondo dell’occupazione. Si offende la storia del Novecento, le battaglie delle lavoratrici e dei lavoratori per il riconoscimento dei loro diritti, per celebrare il ritorno ad un Ottocento schiavista. Per queste ragioni, oggi non parteciperò alla presentazione ufficiale presso lo stabilimento Gian Battista Vico. Anche perchè continuano a mancare garanzie occupazionali certe da parte dell’azienda in merito al reale numero degli assunti, anche perchè continuano ad essere denunciate pratiche discriminatorie e repressive verso le lavoratrici e i lavoratori che appartengono ad “alcuni” sindacati. Non ci sarò per coerenza politica, visto che nei giorni “caldi” del referendum-estorsione mi sono schierato al fianco dei lavoratori e delle lavoratrici in lotta, che non volevano cedere al ricatto imposto dalla Fiat con quella finta consultazione: la scelta tra disoccupazione e lavoro in cambio dell’autorinuncia ai propri diritti. Una battaglia che comunque, anche allora, non si tradusse mai nella critica verso quanti, comprensibilmente, votarono l’intesa temendo di essere mandati a casa. Ma oggi si deve essere responsabili, anche rispetto alle generazioni future, e denunciare chiaramente l’epocale svolta che si sta realizzando. La morte della democrazia nelle fabbriche e in tutti i posti di lavoro. E quando la democrazia muore nelle fabbriche, cioè nel mondo del lavoro, muore anche nel paese. E questo non può essere celebrato, questo non può essere consentito”.