Fonte: 19Luglio1992.com Scritto da Mastro Titta e Redazione
Tra i tanti testi di commemorazione degli scomparsi Antonino Cassarà (37 anni) e Roberto Antiochia (23 anni) abbiamo scelto e riadattato quello di Mastro Titta che, con qualche licenza narrativa, ci ha raccontato l’ultimo ritorno a casa dei giovani poliziotti Ninni e Roberto.
“6 Agosto 1985, Ninni non era preoccupato. Sapeva che, col mestiere che aveva scelto di fare (proprio a Palermo, poi) era inutile essere preoccupati. Bisognava essere fatalisti. Giuliano era il miglior poliziotto che avesse conosciuto, eppure la mafia lo aveva colpito, in pieno giorno, in un bar affollato, senza dargli possibilità di scampo; e Montana? Il grande Beppe Montana, il suo maestro, il Capo della Squadra Mobile da cui aveva appreso tutto e della cui morte non riusciva ancora a darsi pace era stato colpito anche lui, senza scampo. No, Ninni non era preoccupato. Aveva compreso che lui doveva solo pensare a fare il suo dovere e poi lasciare il destino nelle mani di Dio.
La moglie, al contrario, non riusciva più a dormire. Ogni mattina lo guardava con quegli occhi apprensivi e chiedeva “torni, Ninni? A che ora torni?” . Non lo sapeva il commissario Ninni Cassarà a che ora sarebbe tornato. “Non ti preoccupare, amore mio, ti giuro che torno.” Certo che sarebbe tornato dalla sua famiglia che, anche quella sera, sicuramente stava li ad aspettarlo alzata.
Ninni salutò l’autista, Roberto Antiochia, 23 anni. Roberto quel giorno era in ferie ed era tornato apposta da Roma per accompagnare Ninni nelle sue indagini e per proteggerlo. “caro Roberto, oggi mia moglie sarà contenta, sono tornato presto…”. Roberto fece un segno di assenso col capo pensando alla sua fidanzata che fra pochi mesi sarebbe diventata sua moglie. Già la vedeva sull’uscio della loro futura casa: braccia aperte e sorriso di bimba “Amoreeee, sei a casa!!!”.
Ninni prese il vialetto del giardino che lo avrebbe portato a casa. Non c’era nessuno in giro. Si sentivano solo i suoi passi sulla ghiaia e quelli di Roberto che stava tornando verso l’auto. Fu a pochi metri dall’ingresso che, girandosi per salutare ancora Roberto, vide degli uomini nel buio. Comprese subito. Fece uno scatto verso l’ingresso e sentì gli spari. Roberto fece da scudo col suo corpo e morì subito, senza il tempo di accorgersi che la sua giovane vita era spezzata, ma un colpo, un solo colpo trapassò il torace di Ninni. “I polmoni…” pensò “quando colpiscono i polmoni si hanno solo pochi minuti..”. Era nell’androne di casa. Sperò che il killer si fosse allontanato e cominciò strisciando a fare gli scalini che lo avrebbero portato al primo piano, a casa. Gradino dopo gradino, il lungo rivolo di sangue dietro di lui, cercò di chiamare ma non riusciva più a udire la sua voce. Sulla soglia dell’appartamento la moglie apparve terrorizzata, aveva assistito impotente al vile agguato dalla finestra. Quando lo vide apparire urlò di disperazione, si buttò sul corpo del marito morente che con le ultime forze le disse: “Non piangere Laura, non piangere Amore mio…”
Ninni era tornato. Ninni era tornato a casa.
su Ninni Cassarà:
Fu un Vice Questore Aggiunto della Polizia di Stato in forza presso la questura di Palermo e il vice dirigente della squadra mobile. Fu ucciso dalla mafia nel 1985, all’età di 37 anni.
Nel 1982 andava in giro per Palermo insieme all’agente Calogero Zucchetto per indagare sui clan di Cosa nostra. In quest’occasione lui e Zucchetto riconobbero i due killer latitanti Pino Greco e Mario Prestifilippo ma non riuscirono ad arrestarli perché scapparono. Tra le numerose operazioni cui prese parte, molte delle quali insieme al commissario Giuseppe Montana, la nota operazione “Pizza Connection”, in collaborazione con forze di polizia degli Stati Uniti.
Cassarà fu uno stretto collaboratore di Giovanni Falcone e del c.d. “pool antimafia” della procura di Palermo e le sue indagini contribuirono all’istruzione del primo maxiprocesso alle cosche mafiose. Era sposato e padre di tre figli.
L’assassinio
Il 6 agosto 1985, rientrando dalla questura nella sua abitazione a via Croce Rossa (al civico 81) a Palermo a bordo di un’Alfetta e scortato da 2 agenti, scese dall’auto per arrivare al portone della sua abitazione quando un gruppo di nove uomini armati di fucile AK-47, appostati sulle finestre e sui piani dell’edificio in costruzione di fronte alla sua palazzina (al civico 77), sparò sull’alfetta. L’agente Roberto Antiochia, che era uscito dall’auto per aprire lo sportello a Cassarà, venne violentemente colpito dagli spari e morì, e Natale Mondo restò illeso (ma sarebbe stato ucciso anch’egli il 14 gennaio 1988). Cassarà, che era stato colpito dai killer quasi contemporaneamente ad Antiochia, spirò sulle scale di casa tra le braccia della moglie Laura, accorsa in lacrime dopo aver visto l’accaduto insieme alla figlia dal balcone della sua abitazione. È seppellito nel Cimitero di Sant’Orsola a Palermo.
su Roberto Antiochia:
nato a Terni il 7 giugno 1962, vi aveva vissuto fino al 1967. Arruolatosi in Polizia a 18 anni, dopo il corso di formazione venne assegnato dapprima alla Questura di Torino, poi alla Criminalpol di Roma ed infine alla Squadra Mobile di Palermo. A Palermo collabora con il dottor Peppe Montana, Capo della Sezione Catturandi, e con il dottor Ninni Cassarà, Capo della sezione investigativa; funzionari ai quali era legato da sincera amicizia.
A luglio del 1985, poco prima dell’omicidio del dottor Montana, Roberto Antiochia viene trasferito a Roma ma, appresa la notizia dell’agguato mortale al dottor Montana, avvenuto sulla banchina di Porticello il 29 luglio, Roberto decide di ritornare a Palermo, aggregato alla squadra Mobile, per concorrere nelle indagini sull’omicidio del funzionario e per essere vicino al dottor Cassarà, considerato oramai prossimo obiettivo della mafia. Durerà poco questo suo impegno di amore straordinario, perché una settimana dopo l’omicidio Montana, alle 15.20 del 6 agosto 1985, a Palermo, in via Croce Rossa 81, un commando già organizzato e appostato, uccide Cassarà ed Antiochia ferendo altri due agenti. Roberto Antiochia muore subito perché con il suo corpo ha cercato di proteggere il suo commissario dai colpi di Kalashnikov sparati dai Killer della mafia. Il Presidente della Repubblica il 26 settembre 1986 lo ha insignito della medaglia d’oro al valor civile.
Nel 1997 alla sua memoria venne intitolata la nuova sede del Commissariato di Orvieto e successivamente la via della nuova Questura. Alle due cerimonie partecipò la mamma di Roberto, la signora Saveria, scomparsa nel 2001, che per anni è stata una delle donne che a Palermo e in Sicilia hanno portato avanti l’impegno antimafia e numerose battaglie per la legalità , con grande dignità e forza d’ animo, impegnandosi strenuamente nella denuncia e nell’ impegno contro la mafia e per la libertà della Sicilia. Da allora, la signora Saveria ha investito ogni minuto del suo tempo e ogni energia scaturita dalla sua indignazione per ricordare a tutti il valore civile della memoria e l’irrinunciabilità della giustizia (si veda Associazione Saveria Antochia OMICRON Onlus – Osservatorio milanese sulla criminalità organizzata al Nord). I mandanti e gli esecutori materiali dei due omicidi, tutti appartenenti a Cosa Nostra, sono stati individuati e condannati da tempo all’ergastolo.