Fonte : Il manifesto del 28/8/2009 di Davide Milosa.
Qui tutti la chiamano Gabetti perché, come la nota agenzia immobiliare, è in grado di reperire alloggi su richiesta. Nel suo caso, però, si tratta di alloggi da occupare abusivamente, pagando una tangente iniziale di 2.500 euro. Lei è Giovanna Pesco, 57 anni, originaria di Palermo, burattinaia, alla luce del sole, di un lucroso racket di appartamenti popolari in via Padre Luigi Monti a Milano, periferia ovest a due passi dall’ospedale di Niguarda.
Le case in questione sono tutti palazzi gestiti dalla Romeo Service dell’imprenditore Alfredo Romeo, arrestato nel 2008 nell’ambito dell’inchiesta sulla manutenzione del patrimonio pubblico napoletano. A settembre, però, l’intero lotto passerà sotto la gestione congiunta di Aler e Comune di Milano. In attesa di future riqualificazioni, qui in via Padre Luigi Monti si respira un’aria pesante fatta di minacce e aggressioni a chi protesta o «se la canta con gli sbirri». Denunce, esposti, querele negli anni sono scivolate sulle scrivanie dell’amministrazione pubblica senza sortire la minima reazione. Il grido di allarme dei residenti onesti così è stato raccolto da Frediano Manzi presidente dell’Associazione Sos-racket e usura che si è messo al lavoro organizzando un appostamento con relativa intercettazione per incastrare la Gabetti.
Un membro dell’associazione di Manzi ha finto di cercare un alloggio. Un pizzino con nome e cellulare ha fatto il resto. L’incontro, tutto filmato, si è svolto ai tavolini dell’unico bar-latteria della via. I primi fotogrammi immortalano la Gabetti, fisico massiccio, capelli ossigenati e abito scuro, stringere la mano al finto acquirente. Qualche convenevole e poi Giovanna Pesco arriva subito al punto, snocciolando informazioni dettagliate sul racket. «Se ha pazienza – dice la Pesco – deve aspettare un mese». In realtà, qualcosa prima si potrebbe trovare. «Ma – prosegue la donna – all’appartamento hanno messo la porta blindata e chi la deve aprire vuole mille euro». L’organizzazione criminale gestita dalla Pesco e dai suoi parenti dispone così di personale ad hoc per sfondare le porte.
Si prosegue. E la Gabetti, con modi professionali, illustra gli appartamenti. «C’è un bell’alloggio, al secondo piano, appena rifatto». Ma anche qui bisogna aspettare. «La signora ha problemi di salute». Così, al primo ricovero in ospedale, una complice della Gabetti le darà la doppia chiave e il gioco è fatto. Poi la conferma sulla gestione del racket. «Se tu venivi un po’ prima – dice la Pesco – . Sai quante ne ho fatte in settimana? Quattro o cinque». E ancora: «Una volta salivo io, ma ora mi aiuta mia figlia e mio genero». Una conduzione familiare piuttosto vantaggiosa. «Perché prima per sfondare una porta mi portavo un ragazzo, ora ci pensa mio genero».
E l’affitto? Chi bisogna pagare? «Dell’affitto non ti preoccupare, non si paga», dice rassicurante la Pesco. Poi conferma che «fino a settembre gestisce la Romeo, quindi passa tutto ad Aler e Comune». C’è da stare tranquilli perché «il Comune non butta mai fuori nessuno». Soprattutto «se si tratta di italiani». Con gli stranieri è diverso. «Quando poi ci sono figli grandi ti sbattono fuori, ma se hai bimbi piccoli è più difficile e comunque se arriva la polizia noi ci uniamo tutti».
Quello che manca ora sono i soldi. Quanto vuole la Pesco? «Facciamo 1.500 – dice lei – . Ma mi raccomando non dirlo in giro perché solitamente io prendo 2.500/3.000». Questa è la situazione. In via Luigi Monti, però, pochi parlano. Chi lo fa pretende l’anonimato. «Nella mia scala – ci dice un signore – abbiamo assistito al passaggio di un alloggio di due locali con servizi a cinque locatari abusivi in pochi mesi». Un altro inquilino racconta che «il custode del civico 16 è stato picchiato da un abusivo legato ai Pesco, per paura non ha sporto denuncia». Metodi che puzzano tremendamente di mafia. «Non a caso – ci dice un altro inquilino – i Pesco non sono una famiglia ma un clan».
Sotto la loro ala ricadono cognomi diversi: Priolo, Cardinale, Pastiglia, Oliviero su tutti. Dove stanno? Il quartier generale è il civico 16. «La casa madre», puntualizza un ragazzo. Qui abita Benedetta Priolo, classe ’32, detta la papessa, madre della Gabetti e moglie del defunto Francesco Pesco, soprannominato pupetto, capostipite sospettato di legami mafiosi a Palermo. Il racket è un’idea dei vecchi nonni. La stessa papessa, ancora oggi, lavora dietro le quinte. Aiutata, oltre che da Giovanna, da altri figli. Uno di loro, Salvatore, nel ’91 cadde vittima di un agguato: qualcuno gli sparò addosso mentre si trovava fuori dal bar-latteria di via Monti. Nel ’92 finì in carcere per droga e armi.
Non è finita. I Pesco, infatti, sono malavitosi di prima, seconda, terza e addirittura quarta generazione. Perché se il figlio della Gabetti si è specializzato in rapine ai supermercati, i nipotini più giovani – poco più di dieci anni – estraggono il coltello solo per uno sguardo di traverso. Il quadro è completo. Ora tocca alle forze dell’ordine e alla giunta Moratti.
Fonte foto: Google Maps